Inconsapevolmente, da quasi due mesi ormai, una realtà surreale, con limiti e confini spazio-temporali poco definiti, ha, progressivamente, sostituito quella sensibile.
Turbamento, in parte paura, ha caratterizzato la vita in una quotidianità ricreata, ridefinita, in un tempo sospeso.
Il lavoro, si è calato nella dimensione domestica, familiare, inusuale ed, al contempo, estremamente confortevole, trasformandosi in smart working, utilizzando una terminologia anglosassone per definirsi.
Una diffusa sensazione di sospensione dalla realtà, stand-by prolungato, graduale e lento fermo-immagine, in attesa di tutto ciò che sarà o che non sarà più.
Un grande impegno per riprendere, o per cercare di farlo, il tempo, lo spazio degli affetti, degli amori, delle riflessioni, delle introspezioni, procedendo per priorità, senza la possibilità o la volontà di provar sofferenza.
Si è imparato ad amare, dopo un complesso assestamento, i silenzi della meravigliosa città eterna, timida ed incerta, scoprendo e riscoprendo quei suoni, o gradevoli rumori, poco sentiti ed ascoltati, di una natura che non ha potuto, in precedenza, esprimere tutta la sua innata bellezza.
Si è riusciti ad esternare tutta la creatività, anche quella di cui si aveva inconsapevolezza.
L’indotto intervallo, in cui è svanito il superfluo, il vano, l’inutile ed il superficiale, ha permesso una crescita e sviluppo individuale, il raggiungimento di una nuova maturità.
Si è dovuto modificare repentinamente il modo di vivere, di vivere gli affetti, soprattutto l’amore.
In un lungo, ma necessario forzato controllo sociale, ci sono venuti a mancare tutti quei piccoli gesti, spesso scontati, ma attualmente non godibili nella loro spontanea genuinità: un forte abbraccio e tutto il sentimento che trasmette, la luminosità di un sorriso, la profondità di uno sguardo e l’intensità di un caldo e lungo bacio…
Ho preso progressivamente coscienza e consapevolezza che, nonostante la mia dimensione sia stata estremamente casalinga, privata (eccetto quelle ‘fughe’, studiate e pianificate machiavellicamente), il periodo non è stato uno dei peggiori della mia vita, per alcuni versi estremamente bello. Venticinque anni fa sarebbe stato completamente diverso, sarebbe, principalmente, mancata la facilità di comunicare, di essere vicini sebbene lontani.
L’insegnamento da trarre da questo isolamento? La vita, per quanto possibile, deve essere vissuta pienamente, in quanto unica, come gli infiniti istanti che la costituiscono. Il domani si arricchirà sempre dell’esperienza del passato, comportando, spesso, radicali piccoli cambiamenti o vistose modifiche.
La citazione di Orazio, carpe diem, riesce ad esprimere puntualmente l’importanza di godere l’attimo. Una migliore interpretazione potrebbe far riflettere sulla capacità del senso critico, di scegliere e discernere quelli attimi di cui vi è piena consapevolezza di voler vivere, in questo tempo dell’ancora, in parte, sospeso, come in qualsiasi altro momento dell’esistenza.
Vi lascio con un unico augurio… che il cuore palesi tutto ciò che è importante per ognuno.